lunedì 18 febbraio 2013

Il vuoto e il sorriso


Scrivere roba. Vedere gente. Vivere ogni tanto e poi sentirsi vuoto. O troppo pieno di cose che non vorresti avere dentro.
E poi proporre, provare, cercare, ideare e discutere.
Infine accantonare ogni progetto per codardia, o semplice mancanza di fiducia in se stesso.

Questo. Sono. Io.

La tastiera è vuota. Io la vedo, tocco i pulsanti ma nello stesso istante questi scompaiono. Le parole si formano con difficoltà enorme sotto gli occhi di una punteggiatura assente che fa capolino nei modi e nei tempi sbagliati, quasi sbadata, di sicuro dimenticata.

Le mani tremano come se volessero rivelare al mondo quello che si porta dentro tutto il giorno. Da quando ci si sveglia incazzati con se stessi, a quando si va' a dormire incazzati col mondo senza trovare o cercare una possibile soluzione perchè quella "NON C'E' MAI".
E si ripetono queste tre parole come un mantra, nella testa, mentre si mangia, mentre si legge, mentre si passeggia su delle assi di legno nella via principale divelta del tuo paese abbandonato, che pur essendo al centro di tutto è niente dentro di te.

Il rumore dei tasti inesistenti di uno smartphone viene raccolto dalle orecchie intente anche a non raffreddarsi troppo. D'altronde non manca niente per vivere l'estistenza normale, quella perfetta, quella decente, quella ideale, quella sicura. L'attimo di phatos, l'attesa di Godot solo che è un disperato personaggio che porta solo rabbia e dolore, è sempre lì, costante, attende. L'attesa attende, buffo no? E intanto si fa altro, perchè la mente deve tenersi occupata anche quando non c'è nulla che la possa far pensare a tutt'altro.
Il gossip, il calcio, i problemi del terzo mondo, la politica, la lettura, Sanremo, i giornali, i mensili di moto, gli annunci del supermarket più vicino, gli appartamenti di Tecnocasa.

E poi il buio...l'attimo più bello. Quando la mente abbandona e si cede al sonno sperando in un risveglio dolce.

Buio.

E quel sorriso che spero di vedere al mattino non c'è mai. Nè il mio, nè un altro. MAI. E' dura svegliarsi ventisei anni senza sorriso e sentire la mancanza di soli cinque giorni in cui quel sorriso era doppio.
Solo cinque giorni.
In quegli attimi lì capisci il senso stesso di una vita intera, passata presente o immaginaria.
Il sorriso.

Che è l'unica cosa per la quale vivo.

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