lunedì 10 dicembre 2012

Lunedì Botte_Police Story


Di Lunedì Botte ne ho già parlato qui.
Le prime due recensioni le trovi qui e qui.
Il tutto con la gradita collaborazione di Bloodbuster, dove potrete trovare i film recensiti e molto di più.


Prima di parlare del film di questa settimana, un Jackie Chan d’annata, è giusto che il mondo venga messo al corrente di come sono davvero andate le cose. Perché noi di Long Wei ci teniamo a fare tutto per benino, e quando recensiamo un film del buon caro vecchio Jackie ci premuriamo sempre di contattarlo e parlarne prima con lui.
Vi risparmierò il resoconto dell’incontro tra me e il buon Jackie dalle parti di Via Paolo Sarpi a Milano, che – inutile dirlo – è stato tutto un “ti voglio bene, fratello” e pacche sulle spalle come se piovesse. In questa sede mi sembra d’obbligo, però, riportare qui un’immagine significativa dell’entusiasmo dimostrato dal mio amico quando ha saputo che sarei stato io a recensire un suo film.


Ma veniamo a noi.

Non un film qualsiasi, a dirla tutta. Uno di quei film che hanno proiettato Jackie Chan nell’olimpo dei divi di arti marziali del periodo post Bruce Lee. Un film che ha avuto ben quattro seguiti, che ha incassato come pochi altri e ha rimarcato la versatilità del protagonista, a suo agio nel passare dai toni hard-boiled a quelli comici senza mai perdere la sua bravura nel menare le mani.
Il film in questione è Police Story, datato 1985 e figlio della grande produzione cinematografica di Hong Kong, che vede alla regia lo stesso Jackie Chan.
Il protagonista è l’ispettore di polizia di Hong Kong Chan Ka-Kui (interpretato appunto da Jackie Chan) il quale, dopo essersi distinto in un’operazione contro un potente trafficante di droga, viene incaricato di proteggere la testimone chiave del processo: la segretaria del trafficante in questione.
Ma le cose non sono così semplici: la testimone scappa (non dopo aver creato un bel caos nella vita amorosa del protagonista), Ka-Kui viene accusato dell’omicidio di un poliziotto e si ritrova così a dover dimostrare la propria innocenza. Oltre a cercare di fare pace con la propria fidanzata, di ritrovare la testimone, di sgominare gli scagnozzi del trafficante e di farlo arrestare. Facile, no?
In Police Story  nessun combattimento è fine a stesso o isolato, slegato dal contesto in cui avviene. Le scene di lotta sono tutte spettacolari, e anche quelle in cui non ci sono combattimenti hanno un impatto visivo fortissimo (memorabile, su tutte, la scena in cui Ka-Kui prende al volo un autobus appigliandosi a un ombrello – scena che mi ha convinto del tutto a voler comprare un ombrello a Hong Kong).


Ogni luogo, ogni pezzo di arredamento, ogni struttura architettonica è funzionale e diventa parte integrante della lotta. Jackie Chan sfrutta la propria abilità nelle arti marziali integrandola – e quindi ampliandola – grazie all’uso di ciò che lo circonda. In un tutt’uno che dimostra come l’unione con l’ambiente circostante sia sinonimo di forza e armonia.

Nel film, come si diceva, i registri narrativi spaziano dal noir alla commedia, in un susseguirsi di momenti drammatici e intermezzi comici in cui l’attore mostra tutto il suo talento. Si ride, soprattutto nella parte centrale, subito dopo una rocambolesca scena iniziale che tiene con il fiato sospeso per tutto il tempo e subito prima di un violento combattimento in un centro commerciale.
E poi titoli di coda. Che nei film di Jackie Chan non sono mai secondari. Non comuni bloopers – ma sì, anche quelli – ma spezzoni dei combattimenti e scene di azione del film. A rimarcare una caratteristica fondamentale.
L’attore non usa mai stuntman.

Viene tutto interpretato da Jackie Chan. Tutte le scene di azione, anche le più pericolose, sono appannaggio dell’attore stesso. È lui il primo a prenderci le botte.


In Police Story, la bravura dell’attore e il rischio a cui si sottopone emergono con forza proprio durante la scena finale. Quando i vetri, gli specchi, le scale mobili e i fili elettrici del centro commerciale diventano coreografia di un combattimento in cui il suo Kung Fu irrompe in maniera netta.

C’è un momento ben preciso, durante questa scena, un momento in cui viene espresso chiaramente quello che rappresentano le arti marziali. Subito dopo aver picchiato, essere stato picchiato e aver fatto fuori i cattivoni, Jackie Chan fa una cosa.
Trattiene la sua rabbia.
Si trova faccia a faccia con il nemico, quel trafficante di droga che stava inseguendo dall’inizio. Diventa furioso, le sue vene si gonfiano, i suoi muscoli vorrebbero esplodere. Ma tutto si trattiene. Lui, Jackie Chan, trattiene la rabbia.
Poi però fa un’altra cosa, prende a pugni il suo nemico scaricando tutta la sua furia. Ma è solo per un attimo. Un attimo che incastra quella rabbia trattenuta poco prima tra il combattimento da eroe e il momento di debolezza umana. A metà, a unire i due poli, c’è tutto quello che rappresenta il Kung Fu.

E ora la domanda fatidica. Potrebbe Long Wei interpretare la parte dell’ispettore Ka-Kui? Potrebbe. 
Potrebbe perché i toni del film alternano un registro più  umoristico a uno più impegnato, proprio come succede nella serie di Long Wei. Potrebbe perché, come Ka-Kui, Long Wei fa dell’ambiente che lo circonda uno strumento fondamentale per sconfiggere il nemico. Potrebbe, perché per quanto riguarda l’ambito femminile, i tratti da simpatico imbranato di Ka-Kui non sono poi così distanti dall’eroe di Paolo Sarpi.
Ma.
C’è un ma che fa la differenza tra il “potrebbe” e il “può”. Ka-Kui è un ispettore di polizia, una figura ufficiale, un personaggio che non ha nessun problema ad apparire in televisione o in una conferenza stampa. Il suo ruolo è ben preciso, delineato. Ufficiale.
Tutto ciò che il Nostro protagonista non è.
Long Wei agisce nell’ombra, nascosto, sfuggente a qualsiasi riconoscimento o incarico ufficiale. È un eroe silenzioso, al contrario di Ka-Kui.
Anche se, quando picchiano, entrambi sanno fare un bel rumore.

Police Story
di Jackie Chan
Con Jackie Chan, Maggie Cheung, Bill Tung, Charlie Cho, Hark-On Fung.
90 min.
Hong Kong, 1985

Si ringraziano il Kota per il banner e il sito Jackie Chan - Living Legend per le immagini.

Il meme in alto è frutto di un’accurata documentazione su: http://memegenerator.net/Jackie-Chan
E no, purtroppo non mi sono visto davvero con Jackie Chan. Ci siamo solo sentiti per telefono.




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