lunedì 6 febbraio 2012

Salvezza


Margherita aveva sempre in testa un'idea malsana di sua nonna, che si vantava a ragione di essere un po' filosofa, un po' poetessa ma soprattutto romantica. Diceva sempre che è facile distinguere il giorno in cui la vita cambia, gira per il meglio o accade almeno un avvenimento da ricordare. E' facile perchè lo senti prima, da quando ti svegli e metti il primo piede a terra. Ogniqualvolta pronunciava "piede" però, si fermava, convinta di aver fatto una gaffe con lei, convinta di averla in qualche modo offesa. Ma Margherita continuava a sorridere e sognare, e le diceva di non preoccuparsi, di lasciar perdere, d'altronde lei i piedi li aveva. Non funzionavano ma li aveva. E nell'istante dopo ridevano entrambe, di gusto. Così tanto che suo padre arrivava ogni volta in camera con sguardo interrogativo voglioso di capire se stavano ciarlando alle sue spalle o era solo l'ennesima cattiveria su qualche compagno di scuola. Trovava sua figlia e sua madre che cercavano di non ridere e nello stesso frattempo, al solo guardarsi rispettivamente in volto, non riuscivano a trattenersi, così che il moto gioioso della risata esplodeva in un frangente tanto velocemente da far traballare occhiali e frontini.
La nonna ha sempre avuto ragione, pensava Margherita.

Quel giorno si svegliò con la felicità in corpo. Era un giorno come tutti gli altri visto da fuori. O almeno lo sembrava. Il giorno della gita, dell'escursione in qualche luogo sconfinato o anche urbano, ma anche il solo evadere dalla routine noiosa della classe, per lei era entusiasmante. Figuriamoci tre giorni in un agriturismo in montagna, a studiare gli uccelli, la natura, il lento scorrere del tempo nel bosco a pochi passi dal loro luogo di villeggiamento. Si era preparata al meglio per quell'uscita, per sentirsi bene con se stessa, per piacersi di più. Aveva perso più tempo del solito per prepararsi, facendo preoccupare non poco suo padre che attendeva il suo turno per il bagno. Attese molto più del solito. Così tanto che fu costretto a supplicare di entrarci. Una scena che la ragazza, e il suo genitore, non dimenticarono mai, anche se uno dei due avrebbe sempre voluto eliminarla dalla mente.

Giunti fuori la scuola il pulman attendeva i giovani pronti per la partenza. Margherita attese che suo padre prendesse la sua sedia a rotelle, la fece scendere delicatamente dal sedile anteriore e la posò con una dolcezza che solo un genitore può avere, nella sua mobile destinazione. Le diede un bacio sulla fronte provocandole un piccolo imbarazzo di fronte ai suoi compagni di scuola, facendola arrossire di colpo. Al suo "ti voglio bene", rispose "io no", come al solito. Poi sorrise e suo padre ritornò in macchina, sembrava volasse sopra le nuvole. Era un uomo innamorato. Come tutti i padri di figlie femmine d'altronde. Sentiva per lei un amore che travalicava quello che aveva avuto in passato per Elena, la sua vera madre. Scomparsa chissà dove con chissà chi un giorno di Luglio, quando Margherita aveva appena compiuto quattro anni. Solo un bigliettino aveva lasciato, e la vita di Andrea cambiò totalmente.
Fortuna vuole che due anni dopo conobbe Lucia. Ma nemmeno l'amore che aveva per la sua compagna era lontanamente paragonabile a quello per la figlia. La sua unica figlia. La sua dolce ragazza così piena di gioia da farlo sentire, quasi, un uomo decisamente felice.

Per Margherita, non ci fu nessun problema ad entrare e salire nel pulman che la scuola aveva noleggiato. E' questo era un bene. Molte volte si sentiva emarginata quando entrava in qualche mezzo pubblico, o anche solo passeggiando per strada. Quando notava degli edifici pubblici senza scivoli ma solo con scalini, o quando constatava che per molte persone, se non hai la facoltà di camminare, è come se non avessi nemmeno quella di pensare o di esporre un pensiero normale. Normale. Quella parola la perseguitava. Non aveva ancora capito il suo significato e sicuramente non l'avrebbe mai capito.
L'autista guidava cambiando stazione radio ogni dieci secondi, forse cercava una frequenza ben precisa che non riusciva a trovare. Ad un certo punto capì che la ricerca sarebbe risultata vana e decise di inserire un disco. Erano canzoni di un autore americano che aveva sempre amato. Margherita rimase rapita dal ritmo del primo pezzo. Sapeva che era il remix di un altro successo del passato, un pezzo dance che si poteva ascoltare in sottofondo per tutta la durata della canzone. Riuscì a tradurre alcune cose e le piacquero ancora di più.

"Sei bella, tu sei, e lo sai
Tu sei sprecata qui, tu sei una star
In questa piccola città chi non l'ha mai saputo 


E non è bello aspettare alla finestra
Non è bello aspettare il sole
Per favore credimi, le cose che sogni

non rientrano nei pensieri di nessuno.

Tu devi pensare a tutto
Perchè il tuo lavoro non ti paga nulla
Ma hai le cose che Dio ti ha dato
Così la musica può essere la tua salvezza"


"La musica pùò essere la mia salvezza", disse. E ritornò a parlare con i suoi compagni di classe. Mancava ancora molto per raggiungere l'agriturismo che li avrebbe ospitati. Dopo qualche attimo decise di doversi ricordare di chiedere all'autista chi fosse quel cantante e quale fosse il titolo di quella canzone che tanto le era piaciuta. Se lo appuntò fortemente nella testa. E si addormentò cullata dal movimento dell'autobus.

(Continua)

La canzone in questione è questa.

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