martedì 14 febbraio 2012

Addio


Il giorno dopo per Margherita iniziò benissimo. Il sole splendeva così alto e rigoglioso in cielo che niente e nessuno poteva causarle dolore, o il minimo fastidio. Michela al suo ritorno in camera, la sera prima, l'aveva tempestata di domande su cosa fosse successo con Enrico, il misterioso ragazzo che l'aveva conquistata già con il primo sguardo il giorno prima. Lei aveva risposto con mezzi sorrisi, e mezze ammissioni. Rivelò solo che c'è stato un bacio, e Michela entrò in quella spirale di romanticismo che le fece progettare matrimoni, figli e felicità e contententezza come nelle fiabe. Margherita riuscì a dormire con molta difficoltà, ancora eccitata dal momento, ma quando accadde scivolò in un sonno profondissimo.
La colazione è il pasto più importante della giornata, soprattutto quando sei in vacanza ed è compresa nel prezzo. Margherita non se lo fece ripetere due volte e assaggiò qualsiasi cosa inzuppandola nel latte o mischiando lo yoghurt con i cereali. Era elettrizzata pensando al momento in cui sarebbe andata con i suoi compagni di classe in escursione e li avrebbe accompagnati anche Enrico, quel ragazzo decisamente più maturo dei suoi colleghi, decisamente più bello, sicuramente più interessante. L'aveva mitizzato in una serata e non se n'era resa conto, decise di calmarsi per qualche istante e poi riprendere il suo entusiasmo. Lo fece.

Al momento della partenza i due istruttori, uno per la classe, uno per lei, erano arrivati in perfetto orario ma non v'era traccia di Enrico. Margherità lo cercò in ogni angolo dell'agriturismo con lo sguardo, voleva essere sicuro che non stesse in ritardo o che avesse avuto qualche contrattempo. Non lo trovò. L'escursione iniziò senza di lui e terminò allo stesso modo. Non ne fu felice. Nemmeno cavalcare il pony più bello della scuderia le causò un sorriso. Era preoccupata per il ragazzo, e aveva paura a definirlo il Suo ragazzo.
Pure la sera, a cena, non l'aveva visto. Dopo aver consumato il proprio pasto aveva atteso che tutti gli altri ritornassero nelle proprie stanze. Aveva aspettato che qualcuno giungesse a preparare la sala ricevimenti in modo da consentirgli di ballare. Aveva atteso fino alle 23. Poi, intristita, era tornata nella sua stanza e le lacrime le scorrevano senza che se ne accorgesse. Possibile che l'aveva solo illusa? Che l'aveva solo considerata per una notte? In quella stessa giornata erano arrivati altri ospiti, altre famiglie, altre ragazze. Possibile che aveva abbandonato lei per agguantare altre prede, non ci voleva pensare ma rimase fino a tarda notte a rimuginare su quest'ipotesi. Michela non chiese nulla al suo rientro, il suo viso era sicuramente la miglior risposta si potesse mai ricevere.
Il giorno successivo passò veloce. Margherita viveva in una sorta di apatia generale che non le permetteva di godere al meglio delle bellezza che la natura circostante le offriva. Arrivò a cena trascinandosi quasi sulla sua sedia, incapace di mangiare, incapace di parlare. Non avrebbe mai pensato di soffrire così tanto per un ragazzo, figuriamoci per uno che aveva appena conosciuto. La sera si addormentò prima, non si fermò ad aspettare che Enrico arrivasse magicamente nella sala dei ricevimenti, e iniziò a farsi coraggio ed ad auto-ammettere di essersi sbagliata sul suo conto. Fino al giorno successivo. Quello della partenza.

Margherità guardò il pulman che l'avrebbe riportata a casa, dai suoi genitori, alla solita routine. Ci rimase male per non essersi goduta in pieno quei quattro giorni di libertà. Ci rimase male ed addossò la colpa ad Enrico, avrebbe fatto meglio a non farsi mai vedere, a non esistere, a non distruggere la sua vacanza con le sue parole inutili. A non farsi trovare di fianco a lei, in quel momento. Lo guardò, come si nota un fantasma in un castello scozzese. Lo fissò per un attimo come spaventata da quella sua presenza. Lui le si inginocchiò davanti e le parlò silenziosamente.
"Non posso stare troppo a lungo qui, tieni questa" - le consegnò una lettera - "leggila quando starai tornando verso casa, non ora, non tra cinque minuti, quando sarai lontana da qui. Leggila e forse mi perdonerai. T'ho voluto bene dal primo istante, ricordatelo. Ora scappo. Scusami." - e come un fantasma se ne andò.
Margherità fissò a lungo quello spazio vuoto accanto a se convinta di averlo sognato. Osservò la lettera che aveva tra le mani, c'era. E salì sul pulman rigirandosela di tanto in tanto. Attese con calma l'avvio del mezzo, e dopo mezz'ora di cammino decise di aprirla. Era scritta a mano, di suo pugno, e portava la sua firma alla fine. La lesse con calma.

"Margherita,
scusami per essere sparito ma non è stata colpa mia. Lo so, sembra una squallida giustificazione, ma dopo quel bacio per me sono successe molte cose. Ho capito che sei meravigliosa, che sei una ragazza che deve essere amata in ogni attimo della tua esistenza da una persona che ti meriti. Io vorrei essere tanto quella persona. Ma ho dei limiti.
Mio padre, come hai potuto notare, non era affatto entusiasta quando ci ha scoperti, l'altra sera. Mi ha proibito espressamente di vederti, per il bene della nostra azienda, ha detto, e purtroppo, essendo sotto la sua giurisdizione, ho dovuto a malincuore accettare. Ho sofferto come hai sofferto tu. Mi sei mancata. Ti ho visto solo un giorno, per massimo per due ore e mi sei mancata. E credo che da oggi in poi mi mancherai sempre più. 
Vorrei raggiungerti ovunque tu sia. Vorrei abbracciarti per ore. Vorrei sentirmi un unico corpo con te, come l'altra sera. Con solo la musica a farci compagnia.
Ti lascio la mia email, se vorrai sentirmi. So che è difficile ma preferirei sentirti, piuttosto che abbandonarti per sempre.

Enrico"

Margherita strinse a se quella lettera. Un sorriso le fiorì sul viso osservando il verde fuori dal finestrino, che mano a mano scompariva per far posto alle costruzioni ed al cemento. Poi si assopì per tutto il tragitto.

Passarono dieci anni da quel giorno. Margherita amava il mare d'inverno, lo apprezzava molto più di quello d'estate. Odiava quella massa di gente oliata che fingeva di divertirsi al sole, mentre i raggi ultravioletti gli invecchiavano la pelle e li esponevano a malattie gravi. Però ridevano, ridevano sempre. Ridevano perchè dovevano, ridevano perchè considerando quanto avevano speso per quella settimana di ferie dovevano per forza divertirsi, erano obbligati. Lei non aveva mai avuto quel problema. Era nata in una località di mare, ma non l'aveva mai apprezzato. Solo d'inverno lo amava. Perchè era più forte di tutti loro ed ignorato, quasi come se non esistesse, fosse solo un brutto sfondo.
Fissò a lungo le onde che si colpivano con forza in un ciclo perenne dominato dal vento. Poi decise di tornare a casa. Con leggera difficoltà avanzò un piede alla volta nella sabbia. Camminava. Leggermente, pochi tratti ma camminava. Riuscì a raggiungere la sedia a rotelle che aveva messo in disparte, per non farla sporcare dalla sabbia umida. Ritornò su di essa e partì per raggiungere casa e il suo compagno. Conviveva ormai da due anni ed era nell'aria l'idea di allargare la famiglia. Era felice. Stava con colui che qualche anno prima le aveva fatto capire che era bella, e che niente e nessun'altro le avrebbero mai potuto convincere del contrario. Si chiamava Carlo. Era un simpatico ragazzo che aveva conosciuto negli anni universitari. Si erano piaciuti da subito.
Non parlò mai più con Enrico dopo quella vacanza, non dal vivo. Gli scrisse qualche email ma erano parole vuote, segno che la magia era durata solo per un battito di ciglia. Ma lo avrebbe sempre ringraziato comunque.
Per quel primo bacio. Per la musica di George Michael. Per la sensazione di sentirsi un corpo solo, pur essendo due.

(Fine)

2 commenti:

Paola ha detto...

Bellissima storia...bravo...

Carmensì ha detto...

Mi è piaciuto finire di leggere questa storia il giorno di san valentino.Bellissima storia*_*

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