domenica 11 luglio 2010

La leggenda di Mang'isse - 3° Puntata



Terza parte, in tre giorni, di un capolavoro incapibile del presente autore. Se per caso ancora non ci avete capito niente non disperate: il peggio deve ancora venire. Buona lettura.


----------------------------------------------------------

Capitolo Terzo
(Lungi da me)

Son passati due giorni dall’incontro tra l’eroe delle tavole imbandite Mang’isse e l’ex nobile decaduto Carlo della Gherarda. I due hanno iniziato una sorta di avventura insieme, non del tipo amoroso, precisiamo, ma puramente professionale. Ognuno dei due cerca qualcosa per dare un senso alla propria vita. E ognuno dei due ha bisogno di una spalla su cui piangere nel caso che le cose andassero male. Il nuovo duo di avventurieri brinda nella “Locanda del Rospo Caliente” e discute dei massimi sistemi dell’universo.
“Te lo giuro, l’ho letto, ne hanno parlato i migliori scienziati di codest’epoca. Il segnale elettrico che attraversa i neuroni viaggia alla velocità di cento metri al secondo!” – disse Carlo degli Stupiti, in un impeto di gioia.
“Ma io non ho cento metri di corpo, perché corre così tanto?” – domandò Mang’isse.
“E’ perché, perché…è un modo per farti capire che va veloce!”
“Ma se va anche a dieci metri al secondo io non gli dico niente. Può farlo. Che bisogno c’è di stancarsi così tanto, mi chiedo! Soprattutto inutilmente.”
“Ora che mi ci fai notare, veggo che hai ragione. Orsù, mio prode Mang’isse, che si fa? Dove si và? Quando si conquistano le pulzelle?”
“Ah, caro Carlo, tu non sai, non conosci, non comprendi la vita di un avventuriero. Si vaga per giorni e giorni con un tozzo di pan secco e un otre d’acqua, si gira per settimane, mesi, anni prima di trovare un posto in cui fermarsi e finalmente mangiare decentemente. Bisogna avere una forza d’animo disumana…” – sentenziò l’eroe.
“E tu da quanto tempo sei sulla strada?” – chiese lo scudiero, con gli occhi sbrilluccicanti.
“L’altro ieri!” – rispose.
“E la forza d’animo disumana?”
“Non l’ho mai conosciuta! Me la presenti?”
“A trovarla, amico mio, a trovarla!"
"Mi permetti una domanda tu, adesso?” - chiese l'eroe.
“Dimmi, caro Mang’isse, rispondo ad ogni tuo quesito!”
“Perché due giorni orsono mi parlavi in un modo e ora in un altro? Mi ricordo che avevi un liguaggio più aulico!”
Nel medesimo istante in cui Mang’isse terminò di esporre la sua domanda, si ebbe un boato nel locale. Frotte di uomini alzarono il boccale al cielo e iniziarono ad abbracciarsi. Nemmeno la notizia dell’abolizione delle tasse o uno spogliarello della maggiore star di quei tempi, tale Belenna, avrebbe portato a così tale entusiasmo. Molti di loro osservavano i due eroi e alzavano i bicchieri nella loro direzione. Mang’isse era sempre più sorpreso. Carlo aveva la soluzione a cotanto fracasso.
“Non ci badare. In questo locale se qualcuno espone un termine diverso, tutti si esaltano. Non essendoci alcuno sport di squadra con cui poter sfogare le tristezze della vita, hanno stilato una cartella di punteggi per ogni termine. Il tuo “aulico” vale cento punti. Guarda che succede adesso” – si alza sulla sedia, porta le mani alla bocca per aumentare l’eco – “Desueto!”. Il locale sembra cadere su sé stesso dalle urla, dagli strepiti e dall’entusiasmo. I ragazzoni ubriachi festeggiano distruggendosi sedie sulle spalle, il barista proclama Carlo degli Stalker come vincitore odierno e luminare fantascientifico. L’eroe è sconvolto ma divertito.
“Comunque il linguaggio aulico mi viene solo quando sono impaurito o spaventato. E’ un problema che ho fin da bambino. E non è l’unico, purtroppo”.
“Ognuno ha i suoi problemi, ragazzo mio. Ovviamente “ragazzo mio” non significa che tu sia il mio ragazzo. E’ un’esclamazione di amicizia. Intesi?”
“Tu hai dei problemi con l’altro sesso. E anche col tuo stesso sesso, e ho il lieve sospetto che odi pure te stesso!”
“Non puoi immaginare quanto, un giorno o l’altro sconfiggerò quel cavaliere azzurro. Mi ha rovinato la vita!” – sentenziò Mang’isse adirato.
“Il cavaliere azzurro? Lo conosci veramente? Voglio un autografo, è troppo forte, è il migliore, è l’unico che può aiutarci in questo mondo disastrato. Lui è il nostro condottiero!” – disse Carlo alzandosi sul tavolo.
“Il cavaliere azzurro sono io, o meglio ero io. E’ una storia lunga, non ho voglia di spiegartela, vai un paio di pagine dietro e leggitela da te. Ora ho bisogno di stare un po’ da solo…” – e se ne uscì, portandosi dietro tristezza e rassegnazione.
Carlo rimase da solo a pensare, dopo dieci minuti buoni capì che Mang’isse se l’era svignata senza pagare e che il barista lo guardava furente con un’accetta di dimensioni oscene nella mano sinistra. Peccato che non aveva alcunchè di denaro contante e il latte oramai era scaduto. Sapeva che aveva una sola soluzione a questo quesito tanto preoccupante. Si alzò sul tavolo e urlò a tutta forza: “Sempre caro mi fu quest’ermo colle”. Tutti i presenti esultarono come non mai, si esaltarono così tanto che molta gente entrò solo per partecipare al festeggiamento collettivo. Carlo ne approfittò per garantirsi la fuga. Appena uscito vide Mang’isse, seduto su un leggero pendìo intento a pensare.
Si avvicinò senza farsi notare. Il giovane osservava un punto indefinito verso l’orizzonte. Carlo dei Pervertiti giudicò quell’immobilità come una ricerca interiore di se stesso, indi si sedette al suo fianco senza disturbarlo. Insieme guardavano verso l’aldilà senza fiatare. Ad un tratto, però, l’ex nobile sentì una specie di ronzìo, certe volte breve e alcune altre acuto. E proveniva da Mang’isse, che guardava altrove in un modo strano: con gli occhi chiusi. Dopo un’attenta analisi di una ventina di minuti buoni, il caro Carlo degli Idioti capì che il suo nuovo amico stava ronfando beatamente pur non essendo sdraiato. Lo ridestò con un sottile schiaffo alla nuca urlando la strana formula arcaica “Scuzztton”. Il deplorevole Mang’isse si riprese, lo guardò, fissò un punto davanti a sé e annunciò: “Sento un certo languorino”. Carlo lo fissò senza proferire verbo. Gli indicò un banditore che camminava nervoso per le strade della cittadina, osservarono il suo movimento altalenante e decisero di seguirlo. Il ragazzo in questione si incamminò verso la piazza più importante del paese, si alzò su uno scranno di fortuna e iniziò a balbettare:
“Popolo, amici, fratelli. E’ giunto il momento di prepararsi, i tempi di carestia, terrore, paura e miseria stanno per arrivare. Ma tutto ciò non avverrà se sosterrete la candidatura dell’esimio professore D’Auria Gennarino al consiglio superiore. Fine Pubblicità. Secondo punto: abbiamo bisogno di due volontari per l’eliminazione del mostruoso gigante delle grotte albine. Chi è disponibile ad una spedizione mortale nelle più profonde viscere della terra, senza acqua, cibo e beni di primaria necessità? Chi ha così tanto da perdere e poco da guadagnare nella sua inutile vita per accettare? Chi sconfiggerà il mostro potrà avere qualsiasi cosa desideri al suo ritorno! E, per dimostrare che siamo gente perbene, siamo disposti anche ad offrire una cena stasera stessa!”
“Noi”- urlò Mang’isse.
“Oh, poffare, cosa odono i miei apparati auricolari!” – disse Carlo dei Sconvolti prima di svenire.

Nessun commento:

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...