sabato 31 gennaio 2009

Civil War




Ti svegli di soprassalto, con il corpo grondante di sudore e gli occhi fuori dalle orbite.
Scendi le scale il più lentamente possibile, cercando di non farti sentire da nessuno. Il vecchio è ancora lì, a suonare la sua chitarra sulla riva del fiume. Sta strimpellando un vecchio blues di Muddy Waters, straziando ogni corda in memoria dei bei tempi passati.
Quando finisce, inizia a raccontarti la sua solita storia di fantasmi. Gli dici che non hai più paura dei fantasmi, che i fantasmi non esistono. Lui posa la chitarra, fissandogli negli occhi. Gli chiedi se questo è solo l’inizio, se sta già arrivando una guerra civile. Ti risponde gettando sassi nel fiume, lentamente, troppo.
La notte è buia, e le stelle respirano in silenzio intonando melodie che non riesci a sentire. Solo il fiume sembra vivo, anche se non lo ammetterà mai.
Il vecchio continua a gettare sassi, soppesando ogni lancio come se da ognuno di esso dipendesse il tuo futuro. Impugni la sua chitarra, provi la vecchia canzone con cui avevi debuttato tanto tempo prima. E’ l’unica che conosci, ma non è mai importato davvero a nessuno.
Il vecchio si ferma, e si volta verso di te. “Non sei capace, non lo sei mai stato”, ti dice. Ti chiedi se si riferisce al suonare la chitarra o alla guerra civile, ma lui non ti dà il tempo di formulare il pensiero.
“Domani arriverà lo sceriffo, si risolverà tutto”. Dice proprio così, ma si vede che non ci crede neanche lui. “Allo sceriffo non gliene frega nulla di quello che succede qui – gli rispondi – questa non è la sua giurisdizione”.
Le tue parole si spengono nel cicalio dei grilli che hanno deciso di accordare gli strumenti per la loro serenata alla luna. Cominci a sentire freddo, forse uscire dalla tua stanza non è stata una buona idea.
Il vecchio sembra leggere nei tuoi pensieri: “Non sei abituato alla notte”, ti dice, guardando fisso davanti a sé. “Non pensavo di doverlo mai fare”, gli rispondi. Il vecchio non dice nulla, ma riabbraccia la sua chitarra e inizia ad intonare Blowin in the Wind, di Bob Dylan.
Ti viene da pensare che vuole dirti qualcosa, che quel vecchio, con quella chitarra e quella canzone, sta cercando di mandarti un messaggio. Ma non hai neanche il tempo di pensarlo, perché ti accorgi che dal’altra parte del fiume un’ombra gigantesca e minacciosa ti sta fissando.
E’ un orso bruno, di quelli poco amichevoli e sempre affamati. Lo riconosci subito, ma non dici nulla. Cerchi riparo nello sguardo del vecchio, ma lui ormai è già alla seconda strofa. Questa canzone ci ucciderà, pensi.
Intanto l’orso continua a fissarti, con i suoi occhi che penetrano il buio della notte. Forse non ha cattive intenzioni, ma non ne sei sicuro.
Ti torna alla mente il fucile che il vecchio aveva nascosto nella cassapanca della cucina. Ti sarebbe di aiuto, in questo momento, ma la paura ti impedisce anche solo di compiere il minimo movimento. L’orso prova ad attraversare il fiume, ma senza troppo successo.
Il vecchio ora ha finito la canzone, e alza la testa come in cerca di un applauso dal suo vecchio pubblico. Poi si gira verso di te: “Dov’è il tuo amico cacciatore? Ora ci sarebbe d’aiuto, altrochè”. “Quale amico cacciatore? – gli chiedi, senza mai togliere gli occhi di dosso dall’animale. “Forse mi confondo con qualcun altro”, dice. Non ti importa, non ti importa davvero.
In questo momento sai solo tre cose. La prima è che non hai mai avuto un amico cacciatore, la seconda è che la notte è più fredda di quanto immaginassi e la terza è che un’enorme guerra civile sotto forma di orso sta tentando di attraversare il fiume per fare colazione con la tua pelle.
“E’ così che arriva, allora?”, chiedi al vecchio, che nel frattempo ha ricominciato a suonare scomodando addirittura i canti tipici del suo popolo. Si ferma, fissandoti a lungo: “Arriva come vuoi che arrivi tu, figliolo. E non puoi fare nulla per evitarla, devi solo cercare di combatterla. Perché credi che io abbia quel fucile nascosto nel ripostiglio?”
Stai già pensando di obiettare che il fucile è nascosto nella cucina, ma mentre il vecchio diceva la frase più lunga della sua vita, l’orso era riuscito ad arginare il fiume ed ora si stava muovendo a grandi passi verso di te.
Proprio un attimo prima che riesca ad agguantarti, scatti dalla sedia per correre in casa. Apri la cassapanca nella cucina, ma ti accorgi che il fucile non c’è.
Il rumore della porta sfondata non ti dà neanche il tempo di maledire la tua memoria, perché l’orso è già lì. “Devi trovare il tuo fucile, ragazzo. Non te ne farai nulla del mio. Questa è la tua guerra civile, non la mia”.
La voce del vecchio risuona piatta, dall’interno. Potrebbe aver recitato i versi di una poesia, per quanto ne sai. Ma l’orso è a due passi da te, furioso, assetato di sangue. Scappi al piano di sopra, correndo.
“Maledizione – pensi – sveglierà tutti gli altri”. E mentre ti accorgi di quanto sia stupido quello che ti passa per la testa in quel momento, assumi la consapevolezza che è davvero come dice il lui. Fuggire non ti servirà a nulla, perché lei ti raggiungerà dovunque.
Sai che ti serve un’arma, e sai altrettanto bene che l’unico posto dove non ne troverai una è la tua stanza. Buffo, perché le tue gambe ti hanno già portato lì.
Apri la porta, sperando che l’orso abbia rinunciato all’inseguimento, senza sapere quanto hai maledettamente ragione. L’orso è già dentro, ritto davanti al tuo letto e pronto a sbranarti.
Il tempo di realizzare che sei vicino alla linea di demarcazione tra la vita e la guerra, che il tuo istinto di sopravvivenza ti fa chiudere la porta e tornare indietro.
Non hai altra scelta, devi svegliare i tuoi amici. Bussi freneticamente alle loro porte, ma sono tutte aperte. Entri e ti accorgi, porta dopo porta, che non c’è più nessuno. I tuoi amici non ci sono più, sono stati già divorati dall’orso, hanno già saziato la sua fame. Ormai ci sei solo tu, l’orso, e le note di Proud Mary dei Creedence Clearwater Revival suonate dal vecchio, vicino al fiume.
Corri a perdifiato, con i tuoi muscoli stremati dalla disperazione. Ti muovi da una stanza all’altro, cercando un’arma, ma senza nessun risultato.
Ti ritrovi solo con i tuoi pensieri, e maledici il giorno in cui non hai affrontato le tue paure e non hai preso quel dannato porto d’armi. Senti un suono dietro di te. L’orso è arrivato, pronto a riscuotere il suo tributo di sangue.
Ti volti, non hai altra scelta. Chiudi gli occhi, chiedendoti se sarai pronto a quello che sta per arrivare e stupendoti di come il tuo ultimo pensiero riguardi quella chitarra con cui hai debuttato tanti anni prima. Ma non importa, non importa più davvero.
Tutto si fa buio, e caldo. Riapri gli occhi, e la prima cosa che vedi è la zampa dell’orso grondante di sangue. Il tuo sangue, per la precisione. Il tempo di chiudere di nuovo gli occhi, che senti gli artigli della bestia squarciare la tua carne sempre più violentemente, sempre più a fondo.
E in un attimo di rendi conto di esserci già, senza avere avuto neanche il tempo per le tue ultime preghiere. Avresti pregato per il vecchio, e per il fiume. Non per te stesso, quello no, di te non ti importa. Ma del vecchio sì, e anche del fiume, forse. Ma ora è troppo tardi per qualsiasi preghiera, ora è troppo tardi per tutto.
Sei nella guerra civile, che tu lo voglia o meno. La guerra civile che ti strazierà e ti divorerà, fino all’ultimo brandello. Ma è la tua guerra, e sai che dovrai combatterla con onore, anche se l’onore è solo una chitarra che suona per un fiume in una notte stellata.
Ti svegli di soprassalto, con il corpo grondante di sudore e gli occhi fuori dalle orbite, con un orso che ti sta divorando l’anima e un pensiero che ti martella nel cervello: la guerra civile è arrivata.

14 commenti:

Anonimo ha detto...

E' davvero assurdo che questo racconto non abbia ancora ricevuto nessun commento...
Sono rimasta assolutamente stupefatta, davvero...
Mentre lo leggevo, all'inizio, pensavo :"Cavolo, non capisco da che parte vuole arrivare, cmq la tecnica è davvero sorprendente..."
Poi, arrivata alla fine, ho capito...
Ho capito che questo raccontino mi ha stregato, che l'autore è riuscito a rendere soprattutto le emozioni, perchè tutto si gioca proprio su quello; sulla disperazione, la paura, il coraggio...
Bravo, complimenti...
Hai raggiuto un livello altissimo, non ho altre parole...
Perche qui le parole non bastano a rendere quell'atmosfera, leggetelo e capirete perchè...
E capirete l'incredibile bravura di chi con le parole riesce a fare tutto...perchè quello è il suo mondo...le parole che meglio di qualsiasi immagine possono farti sentire l'anima dei personaggi che animano le atmosfere rarefatte e magiche di questo racconto...Complimenti...

luttazzi4ever ha detto...

Bel raccontone diggione, non sto facendil il volpone eh. Unica pecca...perchè quel tipo di scrittura?? Mi ha rovinato la lettura! Comunque buona prova, un giorno riuscirai ad essere bravo come me!

luttazzi4ever ha detto...

Ps: I commenti di Paola sono di parte...:-)

DjJurgen ha detto...

@Lutty: in che senso "quel tipo di scrittura" ? Il tipo di font che ho usato o la narrazione alla seconda persona singolare??? Se è la prima, è che su word l'avevo scritto così, e quando sono riuscito a cambiarlo anche da qui mi sono sentito molto figo!! :D
Se è la seconda, non lo so bene neanche io...sarà la lettura di Lansdale che mi sta influenzando, ma il racconto è già partito direttamente così nella mia testa...
Grazie per i complimenti, in ogni caso!! :D

@Paola: che dire, ho passato tre giorni a leggere e rileggere il tuo commento...troppo bello, davvero...non mi aspettavo tutto questo entusiasmo da parte tua (lo so che non è uno dei tuoi temi preferiti) e,forse proprio per questo, il tuo commento è stato un bellissimo regalo...grazie, davvero, anche se non posso fare a meno di essere d'accordo con Lutty quando dice che sei un pò di parte!! :P

luttazzi4ever ha detto...

Intendevo il tipo di font usato. Sisi. Oh, i tuoi progressi tecnologici mi fanno paura. Tra poco riuscirai anche ad accendere Msn, dato che credo non lo sappia fare più. Uomo cattivo ed insensibile...

Anonimo ha detto...

Quando ho letto questo racconto, di grande impatto emotivo già a partire dal carattere di scrittura, mi sono venute in mente una serie di riflessioni, che probabilmente non c'entrano nulla con i motivi che ti hanno spinto a scriverlo. E che non ho potuto fare a meno di leggere questa pagina e intepretarla in chiave metaforica. Credo che la guerra civile è quella che combattiamo con le persone a cui più vogliamo bene. Quella che scaturisce a causa di incomprensioni, di mancate occasioni per parlare e scambiarsi le proprie opinioni, ma soprattutto a causa delle bugie delle persone di cui più ci fidiamo. Quella che davvero "ci divora l'anima". E quando questa guerra finisce non ci sono vincitori. Anzi l'unico vincitore è il MALE; quel male che ci ha portato l'uno contro l'altro, ha annebbiato la nostra mente e messo da parte tutti i sentimenti positivi e ha trasformato, seppur per un solo istante, il nostro amico in un nemico. E tutto questo ci toglie il fiato, ci strazia, ci avvelena il sangue. Ma un antidoto c'è a tutto questo; ed è il PERDONO. Il perdono per le cose non dette, o dette troppo tardi; quel perdono che porta ad asciugare le lacrime e a sdradicare l'odio e il disprezzo dal nostro cuore e a riportarci solo l'AFFETTO. Quell'affetto che potrebbe tornare a regalare i sorrisi e le risate di sempre. . .

P.S. Fra ma sei sicuro che quell'orso che ti sta divorando l'anima altri non è che Winnie Pooh???? :-P

DjJurgen ha detto...

Bè, che dire...sono lusingato che un mio raccontino possa far scaturire tutte queste riflessioni! E pensare che l'ispirazione mi è venuta per motivi di tutt'altro genere!! :P
Nonostante il tuo commento non c'entri NIENTE, però, sono stato colpito dalle tue riflessioni, e voglio dirti anche io la mia: credo che tu abbia ragione quando parli di silenzi, di cose non dette o dette in maniera sbagliata. Quando nasce l'amicizia, quando la si vuole coltivare e, soprattutto, quando non si vorrebbe mai farla terminare, queste sono cose che non devono succedere. Perchè il "male" può colpirci sotto forma di orgoglio, di bugie, di silenzi (ma sbaglio o silenzi l'ho già detto?? :P ) e farci male. Male fino a farci piangere, a pensare che all'altro non importi più nulla di noi, che sia finito tutto, di colpo. E allora ecco che una stupidaggine diventa un motivo di litigio, un semplice equivoco si trasforma in incomprensioni e rabbia. Bisognerebbe parlare, sempre e comunque, perchè è l'unico antidoto contro il male. E bisogna perdonare, se davvero si tiene a qualcuno, perchè solo perdonando si può dare il vero senso al concetto di amicizia, quella vera.

Anonimo ha detto...

Oh Billy! Come direbbe il nostro amico Maccio Capatonda. . . C'E' DELUSIONE IN ME!!!
Sapevo (come ho anche specificato e d'altronde non poteva essere altrimenti!) che le mie riflessioni non avessero nulla a che fare con lo spirito del tuo racconto però non sono riuscita a trattenermi dal riportarle nel commento, stavano quasi per esplodere dentro di me. . . scusami Billy!!! Prometto che non scriverò mai più commenti che non c'entrano nulla!!!

Anonimo ha detto...

P.S. Ah comunque hai un bellissimo concetto dell'amicizia, complimenti! Se tutti la pensassero così vivremmo sicuramente più FELICI!!

S ha detto...

L'ho letto ora, e mi unisco al coro di complimenti: un bel racconto Dj davvero, e nonostante l'abbia letto durante una pausa lavoro non ho potuto fare a meno di vedermi sul fiume al fianco di quel vecchio che strimpella la chitarra.

DjJurgen ha detto...

@Billy Ballo: ma perchè scrivi alcune parole in MAIUSCOLO?? Vuol dire che devo rifletterci un pò di più o che più semplicemente ti diverti con poco?? :P
Ma sicura di non avermi lanciato nessuna stilettata? :P

@Tyrrel: grazie Tyrrel,davvero troppo buono! E salutami il vecchio, se lo dovessi rivedere!! :D

Anonimo ha detto...

Cioè (lo so che non si inizia una frase con "cioè", però qua ci stava!!) io ti avrei lanciato le stilettate??? Tu sei l'unico e inimitabile dispensatore di insulti della storia, ricordatelo Billy!! Ah comunque, io non sono AL PACINO ( e sai a chi mi riferisco!!), e le stilettate non le mando, capito!! E comunque ti avevo pure chiesto umilmente scusa, e neanche ti va bene!! Sei proprio PICCIOSO!! Anzi un PICCIOSONE!! (Oh anche adesso ho scritto delle parole in MAIUSCOLO!! Chissà se avrà capito il perchè!!)

P.S.1 Comunque è vero che mi diverto con poco, RIDO ALLE TUE BATTUTE!!!:-P

P.S.2 Sono stata un tantinello cattiva lo so, che vuoi "chi va con lo zoppo"!!

DjJurgen ha detto...

Mi dicono dalla regia che è finita l'ora dell'intervallo, quindi i bambini sono pregati di tornare in classe e di fare silenzio!! :P
Altrimenti dico tutto alla nostra assistente sociale!! :P
Non è vero che ridi alle mie battute, tu ridi alle battute di Alessio, non alle mie. Ti dirò di più: se la stessa battuta la faccio io, non ridi. Se la fa Alessio, ridi. Mah...

Anonimo ha detto...

Billy, come direbbe Meryl Streep, MAMMA MIA!!! Sei veramente un PICCIOSONE!!! Ancora con questa storia che non rido alle tue battute, evidentemente consideri la mia presenza così insignificante che neanche ti accorgi della mia risata autentica e inimitabile (MODESTIA A PARTE!!). E poi Billy sai bene che se non ridiamo alle battute del padrino lui ci fa catturare dai suoi scagnozzi e poi ci fa sciogliere nell'acido :-P. . . sai com'è non vorrei morire giovane!!!

P.S. PICCIOSONE E FETENTONE!!!

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